30
gennaio

INTERVISTA A: DAVIDE DAINESE

Gli efficientissimi colleghi del Nord Ovest anche questo mese non ci fanno mancare "Intervista a..."
È il turno della Liguria che ci presenta un combattivo Davide Dainese alle prese con i cambiamenti della professione, l'associazionismo e le aziende produttrici di nuove tecnologie. Da non perdere!

Nel giro di interviste ai nostri "odontotecnici a Nord Ovest" siamo arrivati in Liguria. La nostra chiacchierata questa volta profuma di mare e la facciamo con Davide Dainese.  Davide si diploma all'Istituto P. Gaslini di Genova, dove vive e lavora da titolare di laboratorio dal 1981, sviluppando la sua preparazione nel campo della precisione ed estetica. Da richiesto relatore svolge la sua attività sia in Italia sia all'estero. Coautore di diversi libri è anche autore di numerose e apprezzate pubblicazioni nazionali e internazionali. Professore a contratto presso la Clinica Odontoiatrica dell'Università di Genova e Docente al Corso di perfezionamento in implantoprotesi all'Università di Milano. Ex membro del direttivo ARCO, ex Presidente ANTLO Liguria, membro del Comitato Edit. di QDT, socio ordinario AIOP.

D. Ciao Davide, ti ringraziamo per la disponibilità e cominciamo subito con una domanda "tosta". Stiamo assistendo ad un cambiamento epocale della nostra professione. Da relatore affermato, ma anche da imprenditore ligure (quindi... attento), come vedi questa evoluzione dell'odontotecnico che va inevitabilmente verso le nuove tecnologie? Le "macchine" faranno il lavoro al posto nostro? Magari negli studi dentistici invece che nei laboratori?
R. Premetto le macchine sono e resteranno macchine e senza un uomo che le fa funzionare sono oggetti senza valore! Direi che per troppi anni la nostra professione è rimasta “bloccata” in fasi di lavorazioni troppo manuali! Dico sempre, chiudete gli occhi, e ripercorrete tutti i passaggi di lavoro che ci vogliono dal momento in cui arriva la telefonata... "C’è da ritirare!"...a quando smuffoliamo la nostra fusione. Fatelo e vi renderete conto di quanto sapere (materiali da impronta, materiali di sviluppo, cere, resine, rivestimenti ecc) quanta attenzione e quanta fatica, per arrivare ad una struttura, che di per sé (tranne in pochi casi) non ha ancora un valore, ma ha impiegato per la sua esecuzione almeno il 60% delle energie del nostro laboratorio! Quindi, detto questo, ben vengano le macchine! Fino a poco tempo fa, pensare che una macchina potesse fare un dente, magari anche meglio (da un punto di vista morfologico) di un odontotecnico sembrava impossibile, ma, come spesso accade, ci sbagliavamo. Il progresso è arrivato e il cambiamento è in atto. Ora, una macchina, come viene dimostrato in Formula Uno o in Moto GP, va “guidata" e qui, tornando a noi, ci saranno laboratori che la “guideranno” meglio di altri, (non dimentichiamoci che i prodotti che escono da queste nuove tecnologie sono “grezzi” e necessitano fasi di lavoro per portarli a termine) applicando le conoscenze, attenzioni e tutto ciò che hanno usato nei modi produttivi tradizionali. Insomma il nostro valore aggiunto è questo e non va perso!!!
Diverso è il discorso “macchine negli studi”.
Come, giustamente, un dentista non vuole che un odontotecnico, abusi nel suo lavoro, io PRETENDO, che nessun dentista ABUSI nel mio! Pensi a fare bene il proprio, invece di cercare di vendere prodotti risparmiando sull’odontotecnico, pensando di guadagnare di più. Qui la lotta politica deve intervenire! Da più di 80 anni parliamo di "nuovo profilo"...e va bene... ma io voglio essere l’unica figura che può produrre e mettere in commercio un dente! Poi possiamo parlare di tutto quello che volete, ma penso che questa sia una priorità assoluta per la nostra sopravvivenza e personalmente non voglio sprecare più un secondo del mio tempo che non sia rivolto a questo.

D. Sul nostro territorio, al Nord Ovest e più in generale al Nord, la concentrazione di laboratori è molto alta e le "microaziende" sono ancora la stragrande maggioranza. Molti sono convinti che il nostro tessuto imprenditoriale debba per forza cambiare. Pensi che gli odontotecnici italiani siano preparati al cambiamento, che peraltro è già in atto?
R. Si, anche io sono uno di quelli che pensa dobbiamo cambiare.
Sarà l’età, ma per affrontare da soli (e per soli intendo dire una sorta di “un uomo solo al comando") il cambiamento che c’è in atto le energie cominciano a venir meno. Da soli si corre il rischio di effettuare investimenti sbagliati o strategie sbagliate e in un momento come questo mettere in pericolo tutti gli sforzi fatti fino ad ora. Il lavoro, tranne in alcune nicchie, è calato e si è portato dietro un pò di stimoli. Credo sia costruttivo, interessante e premiante riuscire ad accorpare più realtà lavorative, sia per ottimizzare gli acquisti che per differenziare i prodotti, ottimizzando sia le spese sia le forze lavoro che con fatica abbiamo formato negli anni.
Non so se gli odontotecnici italiani siano pronti a questo tipo di cambiamento, ma per quanto riguarda il mio territorio la risposta è negativa. Noi liguri per tradizione e cultura siamo diffidenti, un po’ “mugugnoni“ e ci lamentiamo spesso, ma preferiamo criticare piuttosto che cambiare.

D. Se le Associazioni, Antlo per prima, possono aiutare gli odontotecnici, lo possono fare ancora e soprattutto con la cultura. Quindi sta cambiando qualcosa anche nella figura dei relatori?
R. Antlo è stata per anni il faro culturale del nostro paese. Tutti, o quasi, sono partiti da lì e, a mio avviso, tutti hanno “preso“ da Antlo.
L’ultimo congresso nazionale tenutosi a Montesilvano, ha dimostrato con forza che sono le persone che formano un’associazione. Direi che, se si da ascolto ai problemi della base, se si dà il giusto valore alla storia di un associazione, se si motivano le persone e si cerca, anche a fatica, di ricreare entusiasmo e coesione, la risposta c’è! Siamo soli nei nostri laboratori e per alcuni l’associazione è l’unico momento di confronto. È nei momenti culturali che i colleghi si incontrano si parlano, anche lamentandosi, ma non si sentono soli.
Per quanto riguarda i relatori, ognuno ha un proprio modo di vedere le cose. Io credo che il relatore abbia, oltre il piacere di parlare ad una platea gremita, anche un dovere e cioè quello di non porre troppe barriere tra se stesso e la platea.
Il relatore, proprio per il ruolo che ricopre, oltre alle critiche da parte di alcuni, spesso gode della credibilità di chi lo ascolta. Quando, molto più giovane, andavo ad assistere a corsi e conferenze ricordo che alcuni, oggi grandi amici, riuscivano tramite i loro discorsi a farmi capire molto oltre la cuspide, cose come l’importanza dei problemi della categoria e la forza dell'aggregazione per affrontarli. Proprio per questo motivo, è importante che non ci si limiti ad una “esposizione della merce, ma si trasmetta il proprio sapere e il proprio messaggio a chi lo sta ascoltando. Anche in mezz’ora si può.

D. Domanda delicata. Le aziende produttrici puntano sul fatto che le nuove tecnologie ci consentono di produrre in tempi più rapidi e con minor costo. Molti colleghi si sono messi quindi a praticare prezzi ancora più bassi. Sei sempre stato una persona franca, dicci cosa ne pensi.
R. Penso che se il lavoro manca non è abbassando i prezzi che arriva, e se per caso arriva sei obbligato a lavorare sottocosto.Il risultato spesso è che lavorando sottocosto il problema lo allontani, ma resta e lavorare sottocosto è come avere una malattia, lenta, ma inesorabile. Oltretutto lavorare sottocosto per aumentare la produttività non aiuta a capire i motivi per cui hai perso il lavoro.
Sul fatto invece che con le nuove tecnologie i costi si abbattono non è del tutto vero. Intanto gli investimenti iniziali sono, date le dimensioni delle nostre aziende, abbastanza importanti. Investimenti che vanno inseriti nella gestione del laboratorio subito come costo e non come risorsa. Solo dopo altro investimento di tempo (la curva di apprendimento può essere a seconda dei casi molto ampia) siamo pronti per utilizzarle al meglio e far sì che diventino strumento per aumentare la produttività.
Altro aspetto da non sottovalutare sono i costi di gestione, costi nuovi ai quali non siamo abituati e fare profitto, soprattutto all’inizio non è semplice.
Le aziende devono capire un po’ da che parte stare e in questo la categoria deve cercare di essere compatta e qui riprendo i concetti in risposta alla prima domanda. Le nuove tecnologie hanno bisogno di essere guidate e i piloti siamo noi, non certo i dentisti. Solo l’odontotecnico è in grado di capire cosa occorre per rendere la macchina efficace e produttiva e non voglio certo essere io a formare i dentisti.
Se solo noi fossimo gli unici produttori di protesi il problema non sussisterebbe. A tal proposito non capisco perché io quando devo mettere in commercio un dispositivo medico su misura devo farlo in un laboratorio a norma, adempiere alla 93/42, mentre un dentista no.
Allo stato attuale delle cose comunque, e questo è un mio personalissimo pensiero, penso che avere in casa la tecnologia cad-cam  aiuti ad avere una visione diversa del lavoro, ci aiuti a pensare diversamente sul nostro futuro, un futuro che forse ci permetterà di poter ricevere in laboratorio un file sul quale lavorare, da qualunque parte, città o stato qualsivoglia sognare.
Un ultimo punto, sempre allo stato attuale delle cose, a me non fanno paura i dentisti che si fanno la coroncina, l’intarsietto o il provvisorio perchè quelli che ragionano cosi, personalmente non mi hanno mai dato il lavoro e quindi mai me ne toglieranno più di tanto. Ma non sopporto chi pensa di sostituirmi con una macchina, chi fa battaglie contro l’abusivismo da parte degli odontotecnici e poi pensa di fare lo stesso con me vantandosi pure. Per questo voglio una legge che tuteli il MIO lavoro, la MIA fatica, la MIA esperienza!
Grazie Davide per la tua disponibilità e per la tua franchezza, che certamente sarà apprezzata dai colleghi. Sei il terzo della serie e ci saranno altri interventi di odontotecnici "a Nord Ovest". Assicuriamo tutti che saremo sempre in buona compagnia.

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