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Professioni sanitarie non mediche: meglio un percorso universitario piuttosto che l'albo
Lo scorso novembre venne approvato dal Consiglio dei Ministri un Ddl sulle professioni sanitarie non mediche. Ora l'Antitrust lo boccia.
Titolo di studio universitario, iscrizione obbligatoria all'Albo professionale, istituzione degli Ordini professionali, verifica periodica dell'abilitazione all'esercizio della professione tramite percorso Ecm. Queste alcune delle nuove disposizioni in materia di professioni sanitarie non mediche, contenute nel Disegno di legge approvato il 11 novembre dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della Salute Girolamo Sirchia, volte all'acquisizione di un elevato standard di formazione professionale e ad assicurare una maggiore qualificazione degli operatori italiani in ambito europeo.
Il provvedimento, nel rispetto delle competenze tra Stato e Regioni, si propone lo scopo di consentire una graduale riorganizzazione del settore delle professioni sanitarie non mediche e contiene i principi fondamentali di competenza statale per l'istituzione di nuove professioni, dei loro contenuti e dei titoli richiesti per il relativo esercizio.
In particolare, esso precisa che sono “professioni sanitarie non mediche” quelle regolamentate dalla legge 10 agosto 2000 che svolgono attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione sulla base di uno specifico titolo abilitante, ferma restando la competenza delle Regioni per quanto riguarda l'individuazione e la formazione dei profili degli operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie.
Il Disegno di legge, inoltre, prevede una specifica delega al Governo per l'istituzione degli Ordini professionali per tutte quelle professioni che attualmente ne sono sprovviste e detta le procedure per l'individuazione delle nuove professioni sanitarie non mediche.
Un Ddl giudicato positivamente dalle AAOO che dovrebbe accelerare i tempi per la regolamentazione della figura dell'odontotecnico "impantanato" dalla revisione dell'art.5 della Costituzione.
Di parere diverso è l'Autorità' garante della concorrenza e del mercato che boccia il Ddl in quanto, prevedendo l'istituzione di ordini professionali e subordinando l'esercizio di tali professioni all'iscrizione obbligatoria al rispettivo albo, provoca una significativa restrizione della concorrenza, comportando limitazioni all'entrata di nuovi operatori''.
Sotto il profilo della qualificazione professionale, spiega infatti l'Antitrust, ''le esigenze di tutela del consumatore possono essere integralmente soddisfatte con la previsione di un percorso formativo di livello universitario obbligatorio, come peraltro ribadito dalla Commissione europea''. La stessa Commissione, ricorda l'Autorità, ha infatti rilevato come una ''limitazione all'accesso al mercato si ripercuote negativamente sulla concorrenza e sulla qualità' dei servizi offerti, determinando un significativo aumento dei prezzi a cui, peraltro, non corrisponde sempre una qualità' migliore dei servizi''. Per queste ragioni, l'Antitrust ritiene dunque che il Ddl in questione ''possa determinare una restrizione della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato dei servizi professionali nel settore sanitario non medico''. L'Autorità', conclude la segnalazione, ''confida pertanto che, nel corso della discussione in sede parlamentare, tali osservazioni possano essere tenute in adeguata considerazione, allo scopo di agevolare uno sviluppo effettivo della concorrenza nel settore delle professioni sanitarie non mediche''.
Ricordiamo che il parere dell'Antitrust e "solamente" consultivo.